mercoledì 31 luglio 2013

Quaranta


Un film assolutamente da non vedere in generale, ma soprattutto quando si è in viaggio col van è "Wolf Creek", ma in farm tutti ne parlavano e così, a metà del nostro itinerario australiano, ce lo siamo visto. E adesso, ogni relitto di auto carbonizzato o distrutto o morto sul ciglio della strada, mi trasmette macabre immagini. Ora non starò a raccontare la trama dell'ennesimo film horror in cui un pazzo scanna dei ragazzi. La particolarità è che i posti del film erano ben più che vagamente familiari (a Wolfe Creek - a vedere il secondo  cratere di meteorite più grande al mondo - arrivavano ragazzi a cui poi, dopo la gita, non ripartiva l'auto eccetera eccetera, a Wolfe Creek non ci siamo arrivati giusto perchè non abbiamo il fuoristrada); l'altra particolarità, più inquietante, è che il filmaccio è ispirato e tratto da fatti realmente accaduti.
Buona visione e buon viaggio.




Trentanove


L'itinerario da percorrere muta in base a consigli e indicazioni che mi forniscono i signori australiani curiosi sul nostro viaggio, sconosciuti che incontriamo nelle aree di sosta o nei campeggi. Si avvicinano amichevoli, ci chiedono paese d'origine e mete e poi snocciolano consigli basati sulle proprie esperienze di vita. É così che a Cloncurry, anziché tirare dritti per Townsville, giriamo verso nord per altri 400 km e poi di nuovo a est.
Siamo ormai da un po' in Queensland e sulle prime – com'era prevedibile – il panorama non è cambiato – a parte un nuovo animale che fa sciacallaggio dei cadaveri di canguri: il gatto. Bellissimi gatti selvatici che a volte dividono l'asfalto mortuario con le carcasse che stavano spolpando prima di essere asfaltati anch'essi. E il cimitero a cielo aperto di canguri e gatti si fa ancora più vario quando compaiono, ancora più inaspettati, cadaveri di cinghiali, ma sono un paio e lì per lì penso sia un miraggio da voglia di pappardelle.
E poi quel falco sulla carcassa di un canguro.

Quel falco che prima del mio passaggio era vivo e che dopo non lo era più. Era lì con altri esemplari come lui che, come al solito, hanno spiccato il volo prima dell'arrivo lento e costante del van, ma lui no, lui è rimasto fermo sulla carcassa, si è alzato dalla pancia sventrata, ha alzato la testa e mi ha guardato, ci siamo guardati. Per me era tardi per sterzare, la botta che ho sentito non è di quelle che lasciano scampo e a fugare ogni dubbio c'è stata una delle poche frasi della francese che senza tono ha confermato che il rapace non avrebbe più volato. Ho provato a darmi diverse spiegazioni sperando di consolare la coscienza: una è che ha pagato l'ingordigia con la vita, un'altra è che era troppo satollo per volare, quella che mi piace di più è che la natura selvaggia non tolleri l'invecchiamento e che ogni animale non più in forma troverà presto il suo naturale predatore e che il falco avesse scelto una botta secca piuttosto che l'agonia tra le fauci di un coccodrillo o di un gattaccio.

Trentotto


Non ci sono molte strade percorribili in australia.
Sebbene il queensland sia a est, da Katherine è obbligatorio scendere 600 km a sud prima di girare a sinistra e prendere verso est. Seicento km sono un giorno di viaggio verso nuovi panorami desertici con tanto di cammelli, qui il sole la fa ancora da padrone e il giorno fa caldo ma, quando calano le tenebre, l'escursione termica è forte quanto imprevista. Il gelo che entra nelle ossa tarderà ad andarsene per buona parte della mattinata seguente, quando ci buttiamo a est.

sabato 27 luglio 2013

Trentasette


In questa fase misericordiosa aiutiamo i piccoli giapponesi (non di età ma di statura, di sedie e tavoli da campeggio minuscoli, piccoli e teneri nei loro piccoli inchini di gran devozione e ringraziamento) con il loro problema con la macchina, aiutiamo la taiwanese a trovare una nuova sistemazione e la francese, beh lei è attualmente sdraiata dietro di noi mentre guidiamo verso il Queensland. É sdraiata che dorme di giorno quando guidiamo, è sdraiata in tenda di notte quando non viaggiamo. So che non si potrebbe viaggiare in tre ma sono in un momento di cristiana misericordia verso il prossimo e in più la benzina costa meno dividendola in tre e poi lei sembrava in gamba finchè eravamo in farm e lo sarebbe anche, se non fosse che eccede in canne – e in farm ho capito quanto la droga faccia male – e che non parli mai durante tutto il percorso e che faccia ogni cosa con fastidiosa lentezza o che prenda decisioni senza condividerle troppo, come quando ci siamo trovati pronti a partire e vicino al van abbiamo trovato le sue valigie perchè aveva deciso, senza chiederci nulla, che sarebbe venuta con noi. Suppongo che il problema maggiore sia che mi ricorda mia sorella con la sola differenza che non posso farle prediche, cazziatoni o prenderla a calci in culo perchè purtroppoperfortuna non è mia sorella.
Nel giro di una settimana siamo così passati dallo scarrozzare un'italiana dal campeggio alla farm e viceversa che ogni mattina - dalle 6am quando la caricavamo alle 7am quando la scaricavamo – ci rincoglioniva coi suoi problemi quotidiani (una cavalletta in bagno che non l'aveva fatta pettinare, una tipa che le aveva augurato buona giornata ma che secondo lei portava sfiga, problemi così, problemi inutili, specie appena svegli). Siamo passati da quest'italiana che avevo affettuosamente ribattezzato tragedy, alla francese silenziosamente irritante che ribattezzerei sorella.


giovedì 25 luglio 2013

Tre-ntasei


Lei lavorava ancora in farm e in quello che sembrava un giorno qualunque per me, quando andai a prenderla, scoprii che il suo boss aveva licenziato due ragazzi per eccesso di fancazzismo e che lei aveva colto l'occasione per proporgli le mie balde prestazioni.
Parlai col boss, mi chiese se potevo fare picking (raccolta cocomeri) fino a settembre, io mentii e risposi di sì. A una settimana di distanza avrei scoperto che anche lui aveva mentito. Invece del picking fui schiaffato nella squadra del weeding (strappare erbacce) e questa fu la prima menzogna, ma ero con lei e le ore passavano veloci. Poi feci boxing (preparare scatoloni), feci shit picking (raccolta dei cocomeri brutti), guidai il trattore e il forklift, feci stick picking (raccogliere bastoni e radici dai campi appena arati) e un giorno lo passai a respirare polvere da solo dietro a un trattore che interrava tubi e plastica nei campi appena arati e puliti dai bastoni e il mio compito era giusto quello di controllare che tutto filasse liscio e cambiare i rulli di tanto in tanto. Vista la mia assunzione avevamo definitivamente lasciato il woofing per trasferirci con la nostra casa con le ruote in farm dove viveva già un'altra trentina di ragazzi con cui fu molto facile legare. Oltre ai backpackers avevo avuto modo di conoscere di persona lo spauracchio di lei e dei ragazzi che lavoravano là, di cui prima di entrare a lavorare avevo avuto solo terribili descrizioni: era il padre del boss, un tale che si faceva chiamare old fellow, che tutto controllava aggirandosi minaccioso col suo fisico da Iggy Pop (che tra l'altro ho visto in concerto a Freo in un concertone galattico ma è un'altra storia) e un look da vero australiano jeans e stivali, cappello e torso nudo coperto da tatuaggi sbrindellati per la cedevolezza della pelle vecchia e bruciata dal sole. Non so cosa successe con me, forse ero solo più curioso degli altri, forse ero uno dei backpacker più vecchi, fatto sta che mi prese in simpatia. Questo burbero vecchiaccio che viveva in una stanzetta ricavata in un lungo container come e con gli altri backpackers è stato l'australiano con cui ho parlato di più dal mio arrivo in australia. Eppure la stima reciproca non influenzò, forse ritardò, la decisione del figlio che, a una settimana dal mio arrivo, decise che il weeding era finito e liquidò, per voce del padre, l'intera squadra preposta, compresa lei e compreso me (e questa fu la seconda menzogna – niente lavoro fino a settembre!)... tra tutti i lavori l'unico che non avevo fatto era il picking per cui ero stato assoldato.
E così, a una settimana dal mio arrivo in farm, mi sono trovato di nuovo in strada a pensare al futuro, controllare mappe, pianificare spostamenti, aiutare i ragazzi licenziati con noi in molte (forse troppe) cose.
Ed è così che abbiamo lasciato questa cara donna che è stata Katherine e che ora siamo in viaggio in direzione Queensland.

E siamo in tre.

Trentacinque


Passavano i giorni. Lei era in farm che lavorava, io ero nel giardino della casa che ci dava alloggio a strappare erbacce. Lavoravo tre ore al giorno, a volte quattro, poi mi annoiavo nella solitudine delle ore che precedevano il suo ritorno. La piscina mi guardava tentatrice ma sapevo che l'acqua non sarebbe stata calda abbastanza da attrarmi per un tuffo e sapevo anche che la desolazione di una piscina vuota avrebbe aumentato la mia solitudine. Quindi cercavo lavori improbabili come quello al McDonald e leggevo Fight Club in inglese e passeggiavo lungo il ruscello che attraversava il bosco dietro casa e pensavo. Pensavo molto.
E i conflitti erano in conflitto l'uno con l'altro, mi pareva di intravederci un accenno di schizofrenia. Sono le controindicazioni del woofing: lavori ma quando hai finito vorresti trovare qualcosa da fare a pagamento, ma il tempo scivola via e hai già speso le ore migliori a lavorare in cambio di vitto e alloggio e non sei molto lucido per cercare qualcosa e la fretta ti deconcentra e offerte di lavoro ce ne sono poche e allora pensi che in fondo quel che hai fatto è stato un lavoro e può andare bene e ti rilassi, ma poi pensi che effettivamente se trovassi un lavoro “vero” a tempo pieno non avresti bisogno di qualcuno che ti dia vitto e alloggio e allora riparti con le ricerche, ma intanto sono passate le 5pm e le attività son tutte chiuse.
Poi arrivava il momento di andare a prenderla e la mente si sgomberava.
Così più o meno per un paio di settimane.

Poi arrivò un'altra coppia di italiani a fare woofing con noi e lì, non solo per rompere la monotona routine solitaria, iniziai a fare del bene. Erano arrivati in australia solo da un paio di giorni, avevano il nostro stesso sguardo spaventato e speranzoso, lo sguardo che avevamo sette mesi prima. Come noi sapevano cosa fare ma erano confusi sul come; con piacere e naturalezza li aiutai nei momenti di ormai ex solitudine. Li aiutai come nessuno fece con noi, ma sentivo che lo meritavano e venne spontaneo, ma durò poco. 

martedì 2 luglio 2013

Trentaquattro cose da sapere. Più o meno


Rinnovare il visto per il secondo anno, informazioni utili. Lingua australiana, informazioni inutili, o quasi.
Per rinnovare il visto Working Holiday Visa (sempre che tu non abbia già compiuto 31 anni o più, in tal caso pensa ad altre soluzioni) c'è bisogno di fare tre mesi di lavoro in farm e fin qui è tutto abbastanza semplice e chiaro.
Come fare i 3 mesi o 88 giorni, perchè è questo il termine temporale preciso, come farli è un discorso un po' più complesso in quanto si passa dalla teoria ai fatti. La complessità sta nel trovare il posto giusto. Prima di tutto va controllato se il cap della città in cui si andrà rientra tra quelli accettati dal governo, ma generalmente le farm sono in zone rurali e il governo chiede 88 giorni in zone molto rurali.
La maggior parte degli interessati al rinnovo cerca, come è naturale, di trarre profitto guadagnando dei gran dollari con quest'esperienza, ma c'è anche chi sceglie di viverla più in scioltezza senza guadagnare nulla.
Nella guida australiana The Harvest Book sono indicati stati, città, raccolti e periodi ottimali. L'utilità della guida ha tuttavia un risvolto in un certo senso negativo. Di fatto, l'aumento dei giovani in arrivo in australia che, alla ricerca delle farm, si spingono nei posti indicati dal libro nello stesso periodo, non coincide con un aumento dei prodotti da raccogliere, porta presto a una saturazione dei posti disponibili e non va dimenticato che la portata del raccolto dipende dalle condizioni climatiche dei mesi precedenti: è anche possibile a farm con raccolti che slittano di un mese o più mentre gli alloggi vicini (ostelli e caravan park) vengono presi d'assalto da giovani in attesa del momento dell'adunata generale.
Come cercare le farm? Molti consigliano di bypassare le agenzie di collocamento preposte e recarsi direttamente sul posto. Il consiglio non è da buttare, specie se si ha un mezzo di trasporto e un po' di fortuna di scorta, ma è raro che una farm sia in attesa di personale. Le agenzie finora incontrate, più o meno, funzionano, anche perchè molte farm non ti stanno a sentire perchè si rivolgono esclusivamente a tali uffici nella ricerca di nuove reclute. Tendenzialmente ogni città che ha farm ha almeno un'agenzia di questo tipo. Poi ci sono i working hostel, ma finora non ho avuto la sfortuna di incontrarne. Da quanto ne so la tua permanenza là ti garantisce presto o tardi la chiamata da parte delle farm di zona, in cambio paghi la camera e in alcuni casi l'ostello si prende una percentuale sul frutto del tuo sudore.
L'altro lato della medaglia per rinnovare il visto si chiama woofing. Per questo tipo di esperienza, meno faticosa e meno remunerativa (si tratta in sostanza di volontariato) si può far riferimento a un sito (helpex.net) o al libro The Woof Book, entrambi a pagamento: 31$ il primo, 65$ il secondo. Con il woofing la concorrenza è minore e assai meno spietata, con un po' di fondo cassa si può rinunciare alle lunghe attese per entrare in farm e poi lavorare come veri e propri immigrati per decine di ore al giorno sotto un sole bastardo.
Segue lista di termini relativamente utili, utili nel senso che gli australiani li usano spesso e io no. Non le uso perchè ho imparato la loro importanza solo una volta arrivato e non le uso perchè mi stanno sul cazzo.
Ovviamente non può mancare “don't worry” o, come lo usano loro “no worry”, come noto è il motto degli australiani e va bene, mi dà però fastidio sentirlo quando lo usano al posto di prego, mentre io mi sforzo di usare nella bruttezza del suo tradotto “you're welcome” e loro, quando li ringrazio, invece di utilizzare la formula che mi hanno insegnato a scuola buttano là questo no worry che se lo dicono loro va sempre bene.
Non mi piace quando dicono “fellow” per indicare una persona, mentre io uso, boy, man, girl, woman, person, guy e quel termine mi suona come fellone che da dove vengo è un insulto, seppur arcaico, ma che offende più di uno moderno.
Mi danno urto “hopefully” e “definitely”. Il primo suona come una risposta speranzosa, ma che taglia ogni principio di discorso (“spero di trovare lavoro” “hopefully” fine della conversazione); “definitely” è peggio perchè denota una sicurezza che spesso si rivela eccessiva (“quella cosa si trova lì, definitely”, definitivamente una cippa, cercala te se la vedi).
Peggio di tutti c'è “up to you”, una sorta di scaricabarile, di delega di responsabilità, di pigrizia decisionale e la traduzione varia in base alle circostanze “dipende da te”, “fa come meglio credi”, “a te la scelta” ma può anche essere usato al termine di un invito “dovresti fare questa cosa, ma it's up to you” e te la fai perchè a questo punto non dipende dalla tua volontà e la interpreti come un just do it.
Da non sottovalutare anche “as well” che mi fa rimpiangere il tempo perso a capire come e dove usare i vari “also” e “too”. Da quando sono arrivato l'unico che ho sentito è as well che non avevo mai preso in grande considerazione e quando mi sento dire “devi fare questo, as well” non lo interpreto solo come “anche” ma con quel well mi suona come un “anche bene” e mi dà urto perchè non è che faccio le cose “anche male” - del resto chi sbaglia è chi fa – ma non si fanno male di proposito.

Un'altra cosa è il saluto. Negli uffici pubblici generalmente si trovano persone molto cordiali, alla fine di qualsiasi dialogo ti salutano tutti con un “see ya” che interpreto come il nostro “arrivederci”. Altre volte mi sono sentito salutare da questi gentili sconosciuti con un “see you later”. Quante cene ho preparato più abbondanti senza che nessuno di questi si presentasse a mangiare. Gentili prima, maleducati poi. Meglio il personale scontroso degli uffici italiani che ti tratta male da subito ma poi non ti saluta dicendoti “ci vediamo dopo”, non ti saluta affatto, ma almeno non prepari la tavola come se avessi ospiti a cena.

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IL SALTO DEL KOALA by FABIO MUZZI is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.